Decscender : fantascienza derivativa

Approfittando delle vibrazioni emanate Star Wars, questa settimana mi sono dedicato all’ultima fatica targata Image Comics firmata Jeff Lemire and Dustin Nguyen, Descender.

Descender_01-1Alla mia solita fumetteria sono stato uno dei pochi ad avvicinarsi al cartonato nero. Ma la copertina acquerellata di Nguyen era irresistibile nella sua iconicità (ci arriveremo tra poco). E non ultima l’editore. Image ultimamente significa sempre più originalità ed imprevedibilità. E l’editore italiano, Bao Publishing, sta davvero facendo un ottimo lavoro per diffondere il fumetto di un certo tipo in Italia.

Insomma, l’idea era quella di avvicinarsi ad una saga di fantascienza dal respiro moderno ma in grado di trattare tematiche universali e profondi. E di sicuro l’analisi dell’Io inteso come dibattito tra artificiale e naturale è sempre stato un topos della fantascienza d’autore. Tema per altro tornato recentissimamente in voga un po’ in tutti i media. Pensiamo all’Ex Machina di Alex Garland uscito al cinema la scorsa estate. Ed anche l’ambito videoludico non è da meno se consideriamo che all’ultimo E3 è AIstata annunciata l’ultima fatica dei geni di Quantic Dream, Detroit.

Insomma in un panorama puntellato da città infestate da zombie la ricomparsa delle intelligenze artificiali potrebbe somigliare ad un piacevole divertissement. De resto dibattere di una creatura che diventa prima cosciente e quindi senziente fino a porsi la più fondamentale di tutte le domande non è così drammaticamente differente dal dibattere del rapporto tra uomo e dio.

E leggendo la storia di Tim-21  forse è questo genere di temi che mi sarei immaginato di trovare.

Al contrario, già dalla quarta di copertina i rimandi ad altre space opera più o meno moderne mi è sembrato scontato. Nell’universo immaginato da Lemire un’invasione aliena ha portato allo sterminio di tutte le intelligenze universali per via di una rinnovata fobia. Si entra nel vivo della storia quando, dieci anni dopo l’arrivo dei Mieititori in un pianetoide minerario si risveglia Tim-21 l’ultimo modello di bambino artificiale. Il suo risveglio oltre a svelare un segreto terribile sulle origini dei Mietitori scatena una caccia da parte del Consiglio Galattico Unito.11190916_ori

Un momento? avete detto AI e Mietitori ? vi dice qualcosa ? Dovrebbe.

Partiamo però dall’ambientazione. Il mondo dove è ambientato Tim-21 è terribilmente approssimativo. Lemire usa termini generici come Mega cosmo e Consiglio Galattico Unito sperando che da soli rimandino ad un’immaginario ben preciso. Il solo effetto che riesce ad ottenere è quello di un continuum derivativo e banale. Le varie razze che popolano l’universo di Descender somigliano in tutto e per tutto a quello che si potrebbe trovare in un episodio di Babylon-5 . E non cito la serie sci-fi più odiata da Sheldon Cooper a caso. MA torniamo al concetto stesso di Mietitore. Se la prima di copertina è figlia sia del classico A.I. voluto da Spielberg dopo aver letto gli appunti di Kubrik che del più moderno Ex-Machina, la quarta di copertina, dove vengono più o meno riuniti i personaggi del cast ha attivato un rimando speciale immediato : Mass Effect. LA trilogia di fantascienza ideata da Bioware per le console di vecchia generazione è di sicuro la fonte a cui Lemire si abbevera più spesso.

Al di là che sono proprio i Mieititori, la razza artificiale che fa da antagonista all’evoluzione della civiltà, lo stesso legame con il protagonista è delineato in modo simile.

Nguyen non è da meno. Al di là delle inquadrature classiche e del solito storytelling, il suo è un lavoro molto accademico. Pochi i guizzi narrativi ed il rimando al character design del suddetto MAss Effect è pesantemente costante, soprattutto nella parte relativa ai droidi. Un solo elemento spicca a favore, ed è la colorazione a tinte pastello, che trasmette un tocco più da BD che da fumetto Image.

Mass_Effect_partyInsomma al di là dei grandi nomi di cartellone, il progetto presenta delle idee piuttosto comuni senza neppure prendersi la briga di rimescolarle un pochino. Ed è un vero peccato soprattutto per la Imagine che fa un passo indietro clamoroso ritornando di fatto alla casa editrice derivativa e scopiazzatrice degli albori.

 

flywas

 

 

 

aspettando episodio VII

Mancano meno di 48 ore a quello che può già essere definito l’evento nerd del 2015. Anche i meno interessati sanno oramai che tra due giorni i cinema di tutta Italia si riempiranno di gente che freme dalla voglia di leggere ancora una volta l’inimitabile scritta azzurra su campo nero. Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana. Le aspettative sono al massimo e, se devo essere onesto, mi riesce quasi difficile credere che tra pochissime blockbusterore potrò sedermi al cinema a guardare un nuovo film della saga di Guerre Stellari.

Non è semplice spiegare a parole come la storia creata 38 anni fa da George Lucas abbia impattato su tutto il mondo. Basta pensare ai continui riferimenti che si ritrovano nella cultura di tutti i giorni per capire che, parole come Jedi, Yoda e Darth Fener non hanno un significato profondo solo per i nerd fino al midollo come me.

Però pensandoci meglio, io che sono nato nel ’77 e che posso vantarmi di aver visto tutti i film della saga al cinema almeno una volta, quanto posso dirmi influenzato da quello che agli occhi di un cinico disperato sembrerebbe soltanto una patetica macchinetta mangia soldi.

Credo in più di un modo e sicuramente a più livelli. Alzi la mano chi, trovandosi con una torcia elettrica in mano in una stanza buia non ha imitato il rumore delle lightsaber fingendosi Luke Skywalker (ok amanti del survival horror videoludico, per voi si trattava di essere Alan Wake, ma è tutta un’altra storia. Oppure no? aspettate la fine che c’è spazio anche per voi).  All’università per quietare l’agitazione pre-esame recitavo a mente il codice Jedi (grazie Bioware per avermelo fatto scoprire in Knights of the old Republic). Diavolo, credo di farlo ancora adesso. Volete sapere che cosa ho pensato la prima volta che mi sono fatto crescere la barba? accidenti se adesso non sono più un fottuto padawan.

Più di ogni altra, cosa, la mia vita è stata influenzata da quel sense of wonder che trasuda da ogni secondo di quelle pellicole. L’idea che tutto può succedere credendoci abbastanza, il concetto di lealtà e amicizia, la percezione stessa che anche in un mondo distante il più possibile dal centro dell’universo qualcosa può accadere e cambiarti la vita. Lucas potrà aver trovato un modo per riprendersi dalla delusione del suo primo THX, ma nel farlo ha creato una mitologia.

E non uso a caso questa parola. Sono abbastanza sicuro che tutti avrete sentito nominare almeno una volta l’antropologo James Campbell ed il suo ‘cammino dell’eroe’. Campbell ha passato la vita ad analizzare i miti che da sempre accompagnano l’evoluzione della cultura umana ed ha scoperto che, in tutte le storie, c’è una linea comune. L’eroe, o meglio l’uomo, viene allontanato dal branco, perché debole o ribelle. Ha problemi con la figura paterna e per questo deve intraprendere un lungo e pericoloso viaggio che lo porterà a crescere, a diventare l’eroe della propria storia. Dopo aver affrontato le proprie paure potrà essere finalmente riconosciuto dalla propria tribù in quanto capace di contribuire con la sua impronta al cammino della comunità. Vi ricorda qualcosa ?

Lucas aveva letto quel libro. Al di là di tutti i riferimenti a Flash Gordon, ai film di pirati ed ai peplum, la storia di Luke ed Anakin ci è così vicina perché di fatto è un archetipo. Rappresenta un mito che, in chiave moderna riusciamo ad accettare.Super8banner

Ma questa è solo una chiave di lettura. Se pensiamo alla storia di George Lucas, il cammino dell’eroe, è il suo. C’è un libro, veramente ben scritto, pubblicizzato da Nick Hornby e sfortunatamente mai pubblicato in Italia, Blockbuster, che riesce ad unire tanti frammenti creando una nuova via. Tom Shone, critico cinematografico si lascia trasportare dal suo passato di fan e pensa a tutte quelle pellicole che hanno rilanciato l’industria di Hollywood e che erano accumulate da un filo rosso comune. I loro autori, Spielberg, Zemeckis, lo stesso Lucas, erano tutti outsider di piccole città di provincia americana. Come tali non erano ascrivibili a nessuna delle categorie che avevano definito la gioventù fino a quel momento. Amavano costruire modellini e riprendere cose che esplodevano. Più che altro, immaginavano storie che nessuno, fino a quel momento, avrebbe mai potuto realizzare con lo stesso tipo di ottica. Se pensate alla fantascienza pre-Spielberg, era tutto molto bello e tutto molto luccicante. Anche i futuri più distopici davano la percezione di essere ambientati in un Apple store del centro commerciale più vicino. Vestiti bianchi ed intonsi, tecnologia che era incapace di ammaccarsi. E soprattutto erano roba dannatamente seria. Il normale fruitore non prevedeva ci potesse essere un senso di meraviglia generato dal veder realizzato qualcosa di impossibile davanti ai nostri occhi. Quello che hanno fatto quei ragazzi, è stato portare quel futuro, magari un po’ più sfasciato e decadente, nei salotti di casa loro. Certo che Star Wars cita Kurosawa ed i  film di aviazione bellica. Però io continuo a vederci il giovane George che gioca con i suoi modellini in salotto.

Se avete visto quel delicato omaggio che è Super 8 al cinema di fine anni ’70 inizio anni ’80 capite quello di cui sto parlando. Se vi ricordate che il regista di quel film, è lo stesso del Risveglio della Forza, forse capirete che non c’è poi tanto da preoccuparsi su quanto sarà meravigliosa quella pellicola il 16 dicembre.

Sempre leggendo Tom Shone, ho scoperto una cosa che, forse, in fondo sapevo già. Di nuovo il cinico materialista. Con quelle pellicole Hollywood si è risollevata. Lo spazio in cui venivano trasmesse, tipicamente il periodo estivo, era sempre caratterizzato da vendite bassissime. Almeno fino a che un certo pescecane non cominciò a frequentare l’amena isoletta di Amity. E da là a pensare che sequel, trilogie e prequel potessero essere un geniale modo per generare ancora più merchandising e cash il passo è dannatamente breve.

Ma sapete una cosa? in fondo non me ne frega proprio nulla.

Voglio raccontarvi un ultimo aneddoto. Ho visto il mio primo film al cinema, e guarda caso era il Ritorno dello Jedi, a sei anni! Capii poco di tutta la storia. Quello che so per certo, è che il giorno dopo a scuola non la riuscivo a smettere di disegnare tutte quelle cose meravigliose che avevo visto in quelle due ore scarse di cinema di periferia.

STAR WARS

Title: STAR WARS ¥ Pers: HAMILL, MARK ¥ Year: 1977 ¥ Dir: LUCAS, GEORGE ¥ Ref: STA039PE ¥ Credit: [ LUCASFILM/20TH CENTURY FOX / THE KOBAL COLLECTION ]

Ieri sera, come tanta altra gente, ho radunato qualche amico e abbiamo visto quello che ora si chiama Episodio VI, aspettando appunto il Risveglio della Forza. C’erano le mie figlie con me. Sofia, che ha 5 anni mi ha guardato e ha detto : ‘tutto il film è il sogno di Han Solo che è rinchiuso nel ghiaccio’.

Fino a che regalano sogni, possono essere materialisti quanto gli pare.

flywas