critica del Brizzi Enrico, e del suo (non più) inimitabile stile

Approfitto di quest’ultimo giorno di vacanza per dilungarmi su un romanzo che non mantiene le sue promesse.  in questo momento mi mancano meno di cento pagine alla sua conclusione, ma, dopo averlo letto per quattro quinti so che qualsiasi finale non cambierà il mio stato d’animo.

jack-frusciante-e-uscito-dal-gruppoIl volume di cui parlo è l’ultima fatica di Brizzi, Enrico. Non Fausto, quello che è un buon regista e si diletta di tanto in tanto con una vena drammatica interessante ed intelligente. Brizzi Enrico è e rimane uno dei miei miti di gioventù. Ho letto Jack Fruscisante è uscito dal gruppo cinque minuti dopo che era diventato parte della scuderia Baldini & Castoldi. Ancora oggi, vent’anni dopo, quasi come fosse una canzone del buon Guccini, posso dire che quel romanzo, letto all’età giusta ti prende in un vortice di sentimenti da dove prima o poi siamo transitati tutti prima di giungere all’età adulta, per quello che significhi. Il primo amore che finisce male, la scuola che non ti passa, i genitori che non ti capiscono, l’amico che muore, giovane e bello. Ecco, sono sentimenti così universali che è come scrivere mille altre storie. Solo che Brizzi lo faceva con la voce di quella generazione. Quei ragazzi che erano usciti dagli anni ’80 incerti se doversi comportare come i fratelli maggiori o fare qualcosa di nuovo. Kurt Cobain e Douglas Coupland poi pensarono a definire le pietre miliari di quella strada. Ma nel frattempo, gli imbuti cosmici dell’adolescenza sbucavano nella vita in bicicletta del vecchio Alex. Perfino quando il vecchio Alex somigliava al giovane Stefano Accorsi in una pellicola che più che altro aveva del parodistico in quel finto bolognese recitato e quella voce fuori campo stucchevole.

Quando arrivò ai tempi dell’università Bastogne, rabbrividii. Al di là del volerlo infilare a tutti i costi nella gioventù cannibale (che orribile modo di definire uno scrittore), Bastogne con il suo concentrato di violenza e jack_frusciante_uscito_dal_gruppo_stefano_accorsi_enza_negroni_011_jpg_qrawparafernalia fascista mi lasciò infastidito. Il richiamo era palesemente ad Arancia Meccanica. Ma io ci vidi parecchio Irvine Welsh, che a quei tempi divoravo. E non posso fare a meno di dire, che se pulp doveva essere, preferivo che fosse l’originale. Comprai altri libri di Brizzi negli anni, senza portarne più a termine uno. A Silvia piacque molto la trilogia distopica partita con l’inattesa piega degli eventi. So che gli anni lo hanno trasformato in un amante della camminata e magari mi sbaglio, tutto quel battere su onore e ardore fa battere un po’ troppo il cuore a destra.

Diciamo che Enrico è diventato uno di quegli amici che ai tempi del liceo tra amore e odio non si poteva fare a meno di vedersi poi, col passare degli anni ci si è persi un po’ di vista. Magari si è sentito qualche aneddoto da bar, ma, nel complesso se ci si illuminano gli occhi è solo per quei gioiosi momenti iniziali.

Invece qualche settimana fa ho letto una breve recensione del suo ultimo lavoro, il matrimonio di mio fratello. Cinquecento pagine che intendono raccontare attraverso una storia di famiglia, la storia di Italia degli ultimi quarantanni. C’è chi ha parlato del Vecchio Alex cresciuto, io non ho saputo fare molto a parte andarmelo a comprare. I pretesto della storia è anche molto originale. Due fratelli, più o meno uno ribelle e l’altro enrico_brizzi_portrait-858x1024ordinario. Crescono e poi il più grande il ribelle scompare. Il viaggio in macchina in autostrada dell’ordinario è il pretesto per ricordarsi tutta la vita intanto che si arriva al gran finale. Che, per inciso, ancora non ho letto. Ma non è proprio quello il punto.

Non voglio dissezionare il romanzo pagina per pagina, ma limitarmi a due cose : stile e contenuti.

Lo stile è povero, se penso alla freschezza linguistica dei suoi primi lavori, al disperato desiderio di cercare neologismi che esaurissero quella fretta e necessità di espressione, adesso non trovo altro. Certo, gli editor della Mondadori hanno esigenze diverse. E badate, non voglio fare per forza quello che dice che Einaudi sta a sinistra come Mondadori a Destra. La politica c’entra (c’entra sempre come direbbe Oliver Queen pre-new52) ma marginalmente. Il pubblico Mondadori è più ‘neoclassico’,  poco avvezzo alla ricerca magari. Magari è solo che il giovane Brizzi ora cresciuto si sente più a suo agio nello scrivere una storia in maniera colloquiale. ma lineare. Niente invenzioni, niente variazioni di ritmo. La tanto promessa iniezione di contesto italico si limita a brevi paragrafetti inseriti quasi come un compitino di tanto in tanto. Si parla della prima guerra del golfo menzionando due piloti italiani fatti prigionieri senza neppure menzionarli (Bellini e Cocciolone, erano famosi all’epoca porca puzzola), la Nuova Repubblica si riduce ad uno scambio di battute tra moglie e marito (è meglio l’Ulivo o forza italia, senza neppure nominare quest’ultima se non come il partito di Berlusconi). Insomma, sembra una specie di Bignami in cui si mescola la storia di questa famiglia terribilmente borghese raccontata tramite aneddoti.

E qua arriviamo ai contenuti. La percezione che se ne ha è che, ancora una volta, il cuore batta troppo a destra. Non crediatemi cattivo. Ma il fratello alpinista passa da essere un ribelle a rischiare la vita solo per desiderio di fama. Il protagonista sembra mosso solo dagli istinti più bassi : il desiderio di scopare durante la sua adolescenza, quello di fare soldi seguendo una strada facile e spianata da adulto, quello di strafarsi di cocaina guidando un’auto di grossa cilindrata . Sapete una cosa? Un film di Muccino (grande) qui verrebbe benissimo!

Adesso magari potrò venire sbaragliato dalla mera essenza dei fatti ma, se tanto mi dà tanto, come un romanzo scritto male, uno dei due muore sul finale. Senza troppi dubbi o inganni vari.

peccato.

flywas 

 

 

 

 

distillato di cultura?

 Ho preso lezioni di lettura veloce ed adesso sono capace di leggere Guerra e Pace in venti minuti. Parla della Russia.

Woody Allen

A Dicembre è stata annunciata una nuova pubblicazione libraria per i tipi di CENTURIA EDIZIONI, i libri”distillati” una sorta di “Bignami best sellers”,  l’iniziativa consiste nella pubblicazione di libri, le cui pagine vengono bellemente tagliate, ad esempio Stieg Larrson “uomini che odiano le donne ” passa da 600 pagine a 200, tutto questo per far si che,cito dall’editore :

libri-distillati

“Grazie ai Distillati, oggi possiamo goderci questi capolavori tutti d’un fiato, nel tempo di un film o di un noioso viaggio in treno. Ma cos’è esattamente un Distillato? Un Distillato è un grande best seller del nostro tempo riproposto in un’edizione “concentrata” in meno della metà delle pagine dell’originale. Un riassunto? Un’edizione semplificata? Niente affatto, ed è questo il segreto dei Distillati. Abbiamo tenuto inalterata l’atmosfera, le emozioni, la suspense e lo stile dell’autore: in questo modo a voi rimane solo il piacere di una storia senza tempo, goduta istantaneamente, “

la motivazione principale , per l’editore , di questo taglio  è che l’italiano medio non legge ,solo ed unicamente , perchè non ha tempo ,indaffarato com’è nel vivere la sua vita, per questo si cerca di farlo appassionare ai libri,agli autori ed alle storie con libercoli in cui la trama principale è presente, ma i “noiosi” personaggi secondari non sono nemmeno menzionati, una sorta di mondo alternativo in cui Sherlock Holmes pronuncia la frase “elementare!!.mio caro…nessuno!” e batman gira solitario in monoposto, non avendo Robin con sè.

Il fandom di lettori sui social network si sono prontamente adirati ed hanno sommerso il sito dell’editore di commenti ,nel caso più fortunato ,sarcastici , ma ,nella maggior parte caustici e arrabbiati.

Di solito si dice che la verità sta nel mezzo, noi abbiamo altre idee, la proposta editoriale ci sembra figlia di una cultura “bacata” in cui cose come la lettura vengono considerate marginali, facendo questo trattamento anche ad altri “svaghi”  potremmo vedere partite di calcio di 50 minuti, il festival di Sanremo con cantanti che propongono le loro canzoni con un sample di 20 secondi , intanto:” sentita la prima strofa le altre sono uguali”.

L’italiano medio, per intenderci quello che vede studio aperto, non mi sembra che spasmi per leggere , l’Italia è molto lontano dalle cima della classifica dei popoli lettori , e iniziative simili non servono,per noi, ad avvicinare nuovi lettori al mondo dell’editoria, anzi scontenta tutti quelli che nella loro vita hanno letto più di un libro di Fabio Volo.

Non ci sentiamo portatori del verbo (quello ce l’ha solo jesse custer) ma ci piacerebbe non dover mai vedere simili “cose”(e ci censuriamo da soli)

giusbi

Vivian Maier.Una fotografa ritrovata

Succede così.

Succede che cogli un dettaglio di sfuggita con uno sguardo obliquo e maledici il momento in cui hai deciso di non portarla con te. La tua amica più fidata, la tua reflex.

E fantastichi sugli innumerevoli scatti che potevi rubare alla realtà.

Vivian Maier non faceva mai questo errore.Lei e la sua Rolleiflex, macchina innovativa per l’epoca poichè utilizzava una pellicola medioformato utile agli ingrandimenti,  erano un’unica entità, un prolungamento del suo braccio, del suo occhio ed il suo secondo cuore.

Tata per la maggior parte della giornata, anima errante per il resto del tempo lungo le arterie delle sue città, New York e Chicago, scatta compulsivamente e lascia ai posteri qualcosa come 150.000 negativi e 3.000 stampe. Ma in vita non fu mai conosciuta dal pubblico. Coglie particolari di visi , mani ed espressioni immortalando sconosciuti in un originale formato quadrato che aiuta maggiormente a guidare lo sguardo.

Ma è negli autoritratti che sconvolge. Se stessa riflessa in specchi, pozzanghere e vetrine, spesso la sua ombra che  si apre e racchiudere estranei. Intreccia la sua vita a quella degli altri senza renderli partecipi ma legandoli per sempre. Tesse un filo invisibile che crea un labirinto dove è facile perdersi per poi ritrovarsi , nelle sue lenti

vivian

 

Vivian Maier fotografava per se stessa e se stessa, cercando di conservare i suoi scatti come un bene prezioso. Sessant’anni prima dell’involgarimento del concetto di autoritratto in quella pratica sgradevole che risponde al nome di Selfie, quest’artista capisce e sperimenta la possibilità di essere da entrambi i lati della cornice . Sta all’osservatore carpirne i segreti e riempire con la fantasia lo spazio intorno a lei ed alle sue ombre .

finding-vivian-maier-2013-documentary-undiscovered-photographer-self-portrait

Impenetrabile nelle espressioni del viso, sfida la camera e come una lama affilata esce dal negativo.

Le immagini odierne vivono di visualizzazioni, di voti e apprezzamenti, non sopravvivono senza fruitori.

Le immagini di Vivian Maier sono state scoperte per puro caso e portate alla luce.

Lei non aveva bisogno di like.

Puro genio.

Mathilde

 

 

Vivian Maier ” Self-Portraits” Ed. PH

” Vivian Maier. Una fotografa ritrovata” fino al 31 gennaio negli spazi Forma , via Meravigli, Milano.

 

 

 

 

 

 

 

 

il meglio del 2015

Con il 2016 oramai iniziato è tempo di fare qualche bilancio su cosa ci ha lasciato di interessante il 2015. Se devo essere onesto,  quest’ultimo anno è stato un pò scevro di colpi grossi, e, anche se il pubblico dei nerd è sempre affamato, la maggior parte delle uscite interessanti si sono concentrate nell’ultimo mese dell’anno, in cui è chiaro che le strenne Natalizie avrebbero fatto la differenza.

Se partiamo dal cinema, non possiamo non considerare il 2015 come l’anno che ci ha portato indietro Star Wars! sembrava impossibile solo una quindicina d’anni fa, quando la seconda trilogia spopolava, ma con questa pellicola JJ Abrams ha riportato in vetta il franchise. image003E dire che in pochi giorni è diventato il film con i maggiori incassi della storia del cinema, la dice lunga su come la pellicola abbia colpito nel segno. Il record come maggiori incasso era stato già sbaragliato quest’estate con il carino Jurassic World. A molti non è piaciuto. A quasi tutti è sembrato giusto un film di dinosauri. Ma, cos’altro c’era da aspettarsi? Jurassic World è piacevole proprio perchè è puro e semplice entertainmet! L’ennesimo capitolo della saga degli Avengers targato Joss Whedon scivola che è un piacere. Personaggi rppresentati perfettamente, trama avvincente ed effetti speciali da urlo. Non c’è molto altra da aggiungere, a parte, wow! Ultime tre pellicole che meritano menzione, il divertentissimo Mad Max Fury Road, completamente fuori di testa e dotato di un’estetica al limite del genio, l’interessante Boyhood che, in certi casi commuove di lacrime vere ed infine lo scoppiettante The Walk, a cui sconsiglio a tutti i deboli di cuore la visione in 3D.

les-revenants2Le serie TV quest’anno hanno raggiunto, complice l’avvento di Netflix, l’apoteosi. MEntre the Big Bang Theory produce una spassosissima stagione 8, e, naturalmente Daredevil e Jessica Jones sono due prodotti Marvel godibilissimi, il meglio lo offre la commedia indie Orange is the new Black di cui sto letteralmente divorando le prime tre stagioni. In ambito fatti strani ed inspiegabili, la seconda Stagione dei Revanants forse era meglio restasse nel cassetto. Eppure a due mesi dalla messa in onda, devo ancora capire se ne voglio di più o vorrei essermi fermato prima.  Carine le tre stagioni di Lilyhammer per finire, ma solo per i nostalgici dei Soprano. Se invece Star Wars è òa vostra medicina, correte a recuperare la seconda stagione di Rebels. orangeisblackheaderForse il character design è un po’ più giocattoloso dell’incomparabili sei stagioni di the clone wars, ma la storia sta crescendo. A vista d’occhio.

In ambito di scrittura mi sento di consigliare solo due volumoni veramente eccezionali. Da una parte il ritorno col botto di Fred Vargas quest’anno regala una meravigliosa rentree per il commisario Adamsberg. Come tutti gli anni in cui c’è un romanzo fresco della Vargas, le nottate di agosto sono il periodo migliore per goderne. E anche quest’anno, la missione è riuscita. La storia è tra le più intricate. Una trama abbastanza lineare ma, in compenso, un intreccio quasi barocco! Per gli amanti delle ripoposizioni, quest’anno ha segnato l’uscita della nuova edizione di Moby Dick. So bene che molti si saranno dedicati a questo volume nell’edizione tradotta da Pavese, mentre altri avranno direttamente abbandonato la fatica scoraggiati dall’incombente numero di pagine. 9788845280672Ma credetemi, questa edizione rende giustizia alla storia originaria, restituendone epicità e tremebondo vigore!  Se siete come me, incapaci di vivere senza un briciolo di magia nel cuore, non potrete ignorare la nuova edizione illustrata del primo romanzo di Harry Potter. Le illustrazioni sono davvero gradevoli, simili il giusto a quelle della trasposizione filmica. Bompiani infine ci diletta e dopo l’atlante dei luoghi maledetti, quest’anno dà alle stampe l’atlante delle città abbandonate che, grazie ad uno stile molto vintage diventa un prodotto godibilissimo ed un ottimo source book per gli amanti del buon vecchio Martyn Mystere. A proposito di fumetti, quest’anno i grandi volumi brossurati non sono certo mancati. Mi sento di menzionare a tutti i costi l’omnibus dell’Orion di Walter Simonson, solo in lingua originale. 5949883Orion è certamente uno dei personaggi più interessanti creati da Jack Kirby, e Simonson, sin dai tempi del suo primo Thor, ha dimostrato di saper fare miracoli con mitologia ed evoluzione. per gli amanti di Ken Parker va segnalata la nuova edizione del meglio delle storiein formato cartonato. Questa volta cartonate. Anche il ritorno di Corto Maltese è da segnalare sul calendario anche se fa uno strano effetto non leggervi accanto il nome di Hugo Pratt. Nel frattempo, non resta che applaudire alla Panini Comics altri due volumi della Guardia dei Topi e l’idea di proporre, in maniera identica agli originali i cicli di sei storie in volume di Moon Knight e She-Hulk. Per la verità, tutti i volumi cartonati a dorso bianco della serie MArvel Now andrebbero considerati, vista l’altissima qualità del prodotto.

In ambito videoludico, mentre devo ancora confrontatmi col nuovo Fallout, posso confermarvi che i giochi dell’anno sono stati il terzo the the-witcher-3-2-05Witcher, semplicemente spettacolare ed il nuovo Batman Arkham Knight con tutta la sua vagonata di DLC. Qualche riserva continuo a nutrirla per il nuovissimo Assassin’s Creed, mentre mi sebra che Rise of Tomb Rider sia tra le poche esclusive temporali Xbox One che possa fungere da killer application!

Musicalmente il mio Spotify mi dice che i Foo Fighters hanno padroneggiato le mie ore passate ad ascoltare musica. Eppure secondo me è stato un grande anno per Jesse Malin e Ryan Adams. ed in ambito ristampe per Bruce Springsteen e la sua collezione dedicata a the river. Dal punto di vista dance il nuovo lavoro dei Chemical Brothers non delude e, a dirla tutta, il mio amore incondizionato va a Giorgio Moroder ed al suo trionfale rientro sulle scene. 971430Bellissimi anche i nuovi lavori di Public Broadcasting Service e Calibro 45. In ambito italiano, il miglior album è quello di cover Dylaninane di DeGregori. Con una menzione speciale allo Stato Sociale!

insomma un anno interessante, che per il momento chiude qui!.

Fino alla prossima!

flywas

il Tarantino dei Comics (uno dei tanti)

La Bao Publishing si sta rivelando ogni giorno di più una casa editrice 1447328123_astrogammacoraggiosa. E’ difficile in un panorama, asfittico e sovrappopolato da manga e comics riuscire a ricavarsi una nicchia per il fumetto d’autore sia esso d’oltreocano o, come sempre più spesso nostrano. E’ peraltro molto bello constatare che c’è vita oltre il Bonellide sui nostri lidi. Uno degli autori più blasonati, e curati da Bao, è il romano LRNZ, al secolo Lorenzo Ceccotti. LRNZ graphic designer che non nasconde il suo sproporzionato amore per tutto quello che proveniente dal lontano Oriente, specialmente manga e videogiochi, lo potete trovare in questi giorni ad illustrare l’ultimo romanzo di Haruki Murakami per Feltrinelli. Il suo stile mescola in maniera abbastanza efficiente lo stile manga anni ’70-’80, vale a dire linee di velocità, retini a profusione e occhioni coperti da ciocche di capelli ribelli, con un retrogusto spassionatamente più europeo. Alcune scelte stilistiche sono mediate direttamente dal suo design. L’influsso dei videogiochi, di matrice nipponica è sempre dietro l’angolo.

Apprezzabile, è il fatto che LRNZ ambienti le sue storie in Italia. Certo non la stessa Roma di Zerocalcare, ma quella di Astrogamma, sua opera prima di recente ristamata per Bao è decisamente Roma. Magari Roma come la vedremmo un maestro del cinema pulp, ma pur sempre Roma. Anche nel più recente Golem, la storia è ambientata in una Milano quasi Cyberpunk, ma quella è un’altra storia.

astrogamma1Torniamo ad Astrogamma. Pubblicata serialmente su HobbyComics rivista del collettivo Superamici, ha decisamente il taglio dell’opera che si gioca il tutto per tutto senza guardare in faccia a nulla. Coadiuvato da Alessandro Caroni aidialoghi, Astrogramma è un atto d’amore verso i Kaiju (i tipici mostri giganti gommosi delle pellicole giapponesi, di recente tornati in voga grazie all’immenso Pacific Rim).  Senza dare eccessive spiegazioni (e questo magari è un po’ il limite della storia) gli insetti e gli aracnidi diventano improvvisamente giganti per via di una stella marina che sembra essere in qualche modo un esperimento governativo. A farne le spese sono gli abitanti del litorale romano inclusi Davide, Bea ed Uria, tre ragazzi che si godono l’estate. Davide sembra essere la prima vittima predestinata senonchè  scappando dalla città Davide e Bea si inbattono in un essere antromorfo con una stella sul petto altro sessanta metri e intendo a provare alcune prese di wrestling contro un gigantesco scarafaggio stercorario.

L’azione è indiscutibilmente adrenalica. Il vero problema della storia è che l’amore verso i maestri diventa sin troppo morboso e a tratti è perfettamente evidente che si sta assistendo ad una rilettura in chiave moderna del classico di Go Nagai, Devilman. Non parlo del supereroe verde della Toei Animation, ma proprio della creatura demoniaca originale. Nagai ha sempre saputo ricavare il meglio dai rapporti deviati e dalla fusione con il male più assoluto. Il rapporto tra Davide ed Uria e tra Uria e Davide ricalca per bene il dualismo Ryo/Akira, e, fatte le debite proporzioni crea qualcosa di derivativo ma allo stesso tempo godibile. Voglio dire, anche Tarantino ha creato la sua carriera su uno stile lrnzmurakami0citazionista e revisionista. Quello che auspico per LRNZ è di ricordarsi di essere anche il Signor Ceccotti e di imparare a far convivere al meglio queste due anime senza lasciarne prevalere una sola. Altrimenti, perchè dover leggere una copia se si hanno a disposizione gli originali ?

flywas

aspettando episodio VII

Mancano meno di 48 ore a quello che può già essere definito l’evento nerd del 2015. Anche i meno interessati sanno oramai che tra due giorni i cinema di tutta Italia si riempiranno di gente che freme dalla voglia di leggere ancora una volta l’inimitabile scritta azzurra su campo nero. Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana. Le aspettative sono al massimo e, se devo essere onesto, mi riesce quasi difficile credere che tra pochissime blockbusterore potrò sedermi al cinema a guardare un nuovo film della saga di Guerre Stellari.

Non è semplice spiegare a parole come la storia creata 38 anni fa da George Lucas abbia impattato su tutto il mondo. Basta pensare ai continui riferimenti che si ritrovano nella cultura di tutti i giorni per capire che, parole come Jedi, Yoda e Darth Fener non hanno un significato profondo solo per i nerd fino al midollo come me.

Però pensandoci meglio, io che sono nato nel ’77 e che posso vantarmi di aver visto tutti i film della saga al cinema almeno una volta, quanto posso dirmi influenzato da quello che agli occhi di un cinico disperato sembrerebbe soltanto una patetica macchinetta mangia soldi.

Credo in più di un modo e sicuramente a più livelli. Alzi la mano chi, trovandosi con una torcia elettrica in mano in una stanza buia non ha imitato il rumore delle lightsaber fingendosi Luke Skywalker (ok amanti del survival horror videoludico, per voi si trattava di essere Alan Wake, ma è tutta un’altra storia. Oppure no? aspettate la fine che c’è spazio anche per voi).  All’università per quietare l’agitazione pre-esame recitavo a mente il codice Jedi (grazie Bioware per avermelo fatto scoprire in Knights of the old Republic). Diavolo, credo di farlo ancora adesso. Volete sapere che cosa ho pensato la prima volta che mi sono fatto crescere la barba? accidenti se adesso non sono più un fottuto padawan.

Più di ogni altra, cosa, la mia vita è stata influenzata da quel sense of wonder che trasuda da ogni secondo di quelle pellicole. L’idea che tutto può succedere credendoci abbastanza, il concetto di lealtà e amicizia, la percezione stessa che anche in un mondo distante il più possibile dal centro dell’universo qualcosa può accadere e cambiarti la vita. Lucas potrà aver trovato un modo per riprendersi dalla delusione del suo primo THX, ma nel farlo ha creato una mitologia.

E non uso a caso questa parola. Sono abbastanza sicuro che tutti avrete sentito nominare almeno una volta l’antropologo James Campbell ed il suo ‘cammino dell’eroe’. Campbell ha passato la vita ad analizzare i miti che da sempre accompagnano l’evoluzione della cultura umana ed ha scoperto che, in tutte le storie, c’è una linea comune. L’eroe, o meglio l’uomo, viene allontanato dal branco, perché debole o ribelle. Ha problemi con la figura paterna e per questo deve intraprendere un lungo e pericoloso viaggio che lo porterà a crescere, a diventare l’eroe della propria storia. Dopo aver affrontato le proprie paure potrà essere finalmente riconosciuto dalla propria tribù in quanto capace di contribuire con la sua impronta al cammino della comunità. Vi ricorda qualcosa ?

Lucas aveva letto quel libro. Al di là di tutti i riferimenti a Flash Gordon, ai film di pirati ed ai peplum, la storia di Luke ed Anakin ci è così vicina perché di fatto è un archetipo. Rappresenta un mito che, in chiave moderna riusciamo ad accettare.Super8banner

Ma questa è solo una chiave di lettura. Se pensiamo alla storia di George Lucas, il cammino dell’eroe, è il suo. C’è un libro, veramente ben scritto, pubblicizzato da Nick Hornby e sfortunatamente mai pubblicato in Italia, Blockbuster, che riesce ad unire tanti frammenti creando una nuova via. Tom Shone, critico cinematografico si lascia trasportare dal suo passato di fan e pensa a tutte quelle pellicole che hanno rilanciato l’industria di Hollywood e che erano accumulate da un filo rosso comune. I loro autori, Spielberg, Zemeckis, lo stesso Lucas, erano tutti outsider di piccole città di provincia americana. Come tali non erano ascrivibili a nessuna delle categorie che avevano definito la gioventù fino a quel momento. Amavano costruire modellini e riprendere cose che esplodevano. Più che altro, immaginavano storie che nessuno, fino a quel momento, avrebbe mai potuto realizzare con lo stesso tipo di ottica. Se pensate alla fantascienza pre-Spielberg, era tutto molto bello e tutto molto luccicante. Anche i futuri più distopici davano la percezione di essere ambientati in un Apple store del centro commerciale più vicino. Vestiti bianchi ed intonsi, tecnologia che era incapace di ammaccarsi. E soprattutto erano roba dannatamente seria. Il normale fruitore non prevedeva ci potesse essere un senso di meraviglia generato dal veder realizzato qualcosa di impossibile davanti ai nostri occhi. Quello che hanno fatto quei ragazzi, è stato portare quel futuro, magari un po’ più sfasciato e decadente, nei salotti di casa loro. Certo che Star Wars cita Kurosawa ed i  film di aviazione bellica. Però io continuo a vederci il giovane George che gioca con i suoi modellini in salotto.

Se avete visto quel delicato omaggio che è Super 8 al cinema di fine anni ’70 inizio anni ’80 capite quello di cui sto parlando. Se vi ricordate che il regista di quel film, è lo stesso del Risveglio della Forza, forse capirete che non c’è poi tanto da preoccuparsi su quanto sarà meravigliosa quella pellicola il 16 dicembre.

Sempre leggendo Tom Shone, ho scoperto una cosa che, forse, in fondo sapevo già. Di nuovo il cinico materialista. Con quelle pellicole Hollywood si è risollevata. Lo spazio in cui venivano trasmesse, tipicamente il periodo estivo, era sempre caratterizzato da vendite bassissime. Almeno fino a che un certo pescecane non cominciò a frequentare l’amena isoletta di Amity. E da là a pensare che sequel, trilogie e prequel potessero essere un geniale modo per generare ancora più merchandising e cash il passo è dannatamente breve.

Ma sapete una cosa? in fondo non me ne frega proprio nulla.

Voglio raccontarvi un ultimo aneddoto. Ho visto il mio primo film al cinema, e guarda caso era il Ritorno dello Jedi, a sei anni! Capii poco di tutta la storia. Quello che so per certo, è che il giorno dopo a scuola non la riuscivo a smettere di disegnare tutte quelle cose meravigliose che avevo visto in quelle due ore scarse di cinema di periferia.

STAR WARS

Title: STAR WARS ¥ Pers: HAMILL, MARK ¥ Year: 1977 ¥ Dir: LUCAS, GEORGE ¥ Ref: STA039PE ¥ Credit: [ LUCASFILM/20TH CENTURY FOX / THE KOBAL COLLECTION ]

Ieri sera, come tanta altra gente, ho radunato qualche amico e abbiamo visto quello che ora si chiama Episodio VI, aspettando appunto il Risveglio della Forza. C’erano le mie figlie con me. Sofia, che ha 5 anni mi ha guardato e ha detto : ‘tutto il film è il sogno di Han Solo che è rinchiuso nel ghiaccio’.

Fino a che regalano sogni, possono essere materialisti quanto gli pare.

flywas

Moby Dick o il richiamo dell’oceano

Deve essere qualcosa legato al clima. O forse semplicemente all’ostinato stato d’animo che ti fa attendere l’inverno, e più specificamente il Natale per sorprenderti poi a pensare ad un placido oceano, disperso sotto il sole dei tropici.

Le storie di mare hanno mi fanno questo effetto. 978880621186MEDNon è che passi tutto il tempo a pensarci. Solo, quando lo faccio poi non smetto più di farlo. E succede che, per una strana congiunzione del destino, negli ultimi giorni tante cose mi hanno rediretto in quel particolare arcipelago della mia mente.

Succede per esempio, che una mattina a colazione mentre pasteggio a latte e biscotti mi imbatto in un articolo della Lettura che parla della nuova traduzione di Moby Dick a cura di Ottavio Fatica.  Ricordo di averlo letto nella traduzione di Cesare Pavese ai tempi dell’università. Il linguaggio era arcaico ancor prima che epico e tutto sommato mi era sembrato che non fosse all’altezza del mito del leviatano. Eppure nell’analisi accurata della Lettura si evince che la nuova versione rimane più fedele a Melville, anche lui marinaio per sentito dire. Trattiene la sua BannerMobile_InTheHeartOfTheSea_TrailerDebut_0epicità, e racconta la versione mitizzata del naufragio della baleniera Essex a causa di un capodoglio bianco. Melville ne era venuto a sapere e ne scrisse. E non penso sia un caso che la nuova traduzione di un classico della letteratura marina emerga proprio quando al cinema si palesa la nuova fatica di Ron Howard. Il buon vecchio Richie Cunningham sembra voglia fare il possibile per entrare nel gotha dei grandi cineasti di matrice americana. Il suo, the heart of the sea (gli appasionati di Titanic sono pregati di farsi un giro, qui non si parla di diamanti e di dame dell’altà società) proprio del naufragio dell’Essex racconta. E, a giudicare dalle immagini rilasciate, lo fa con quel tono epico a cui ormai Howard ci ha abituato già da un po’. la scelta di Chris Hemsworth nel cast strizzerà pure l’occhio ai nerd ed alle ragazzine, ma sulla crudità della pellicola, sono pronto a scommetterci sin da ora.

E, del resto, anche il mio primo amore fantascientifico parte da storie di assalti di mostri marini inspiegabili. E’ già qualche anno che l’edizione integrale Penguin di 20000 leghe sotto i mari compare sul mio comodino. Continuo a ripetermi che devo aspettare la buona occasione per leggerlo. Ma parafrasando Paul Giamatti in Sideways, avere un libro del genere e di per sé una buona occasione.

Con lo stesso criterio mi sto dedicando alla rilettura integrale (mai completata in passato, in realtà) di Corto Maltese. Ho l’edizione uscita poco più di un lustro fa per i tipi dell’Espresso. E devo dire che solo l’apparato redazionale vale bene la rilettura. C’è Umberto Eco tra gli altri, grande appassionato di fumetti e di avventura. La sua analisi della Ballata del Mare Salato è spiazzante. E Corto, alla stregua di Ken Parker, è quel tipo di eroe che va centellinato ed assaporato. Forse è una idiosincrasia mia, ma. soprattutto all’inizio, somiglia al giovane Keith Richards (e visto l’argomento potrei quasi aggiungere al giovane padre di Jack Sparrow senza tema di essere smentito), e tanto basta per farmelo piacere.

corto1Dopo una attesa di più di un anno, sono riuscito ad accaparrarmi Sotto il sole di mezzanotte, il Corto Maltese apocrifo di Canales e Pellejero. Amo queste deviazioni. Vado pazzo di quei percorsi sghembi che permettono di reincontrare un personaggio di cui si pensava non si sarebbe saputo più nulla. Ma, in questo caso, mi sento un po’ a disagio. Il volume è ben confezionato, e la storia di sicuro arricchisce il canone Maltese. Tuttavia sembra il disco dei Beatles di una dimensione parallela. C’è la presenza di Corto, quello che faccio fatica ad individuare è la sua essenza.

Amo le storie che non si arrestano. Che trovano il modo di essere sempre raccontate. Anche in questo caso spero che dal forziere di Corto emergano nuovi particolari sulla sua vita, sul suo mito. E che abbia l’occasione di abituarmi, dondolando magari sotto un’amaca al chiaro di luna, alle nuove, gagliarde variazioni cromatiche del marinaio della Valletta.

flywas

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Licalzi, la lettura che volevo

In principio fu Nick Hornby.

Veramente, mi aveva stregato. Oltre all’imprescindibile “Alta Fedeltà”, romanzi come “Tutto per una ragazza” o “Come diventare buoni” hanno rappresentato per me, oltre che delle piacevoli letture, anche un piccolo bigino sulla Vita.

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Perché? Perché ci sono tutti gli ingredienti per vivere bene (secondo quelle che sono le mie priorità,ovvio): c’è tanta musica, da ascoltare, commentare, condividere. C’è il calcio, in tutta la sua epicità, bellezza e drammaticità. C’è l’ironia dei suoi (anti) eroi, con la quale ci si diverte a sbeffeggiare tutti quei luoghi comuni creati da una Società da cui si vuole in parte differenziare. C’è l’amore, verso le Donne, un pianeta interessante, ma ancora del tutto da capire. Insomma attendere il nuovo romanzo di Nick Hornby era un po’ come aspettare il Natale da bambino. Ma questo purtroppo solo fino a qualche anno fa…

Negli ultimi romanzi, infatti, questa sua freschezza compositiva non l’ho più ritrovata.  Addirittura il suo ultimo “Funny Girl”  è sul mio comodino da mesi. Ho paura di trovare  una minestra riscaldata o un libro che è lì, perché dopo un po’ un libro bisogna scriverlo se sei un autore noto e letto da un cospicuo numero di persone. (E non è una critica, tutti abbiamo le bollette da pagare,no?)

Sia chiaro che questi sono pensieri da FAN, non da recensore. Il mio peggior incubo è di cadere nel circolo vizioso del critico da internet, che senza requisiti spara a zero sul lavoro di altri. I mie sono pensieri da Lettore, anzi da ultrà della Lettura, che vede un suo  eroe un po’ in affanno.

Insomma negli ultimi anni ho letto tanti libri meravigliosi: Murakami, Eggers, Ammaniti,Wu Ming…insomma quello che leggono in tanti. Ma quel legame invisibile che si era creato con il buon Nick, cantore di una realtà semplice ma confortevole, non l’ho più trovata in nessun altro, neanche in lui stesso cazzo.

Fino a quel giorno, in cui i miei genitori vengono a trovarmi  qui a casa e mio papà mi lascia un libro che – usando le sue parole – “ha divorato, perché è pazzesco”. Tale Libro è “L’ultima settimana di Settembre”, ultimo romanzo in ordine di tempo di Lorenzo Licalzi. 

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Ecco. Io quel libro non l’ho neanche divorato, l’ho proprio fagocitato.  Me lo sono letto in due giorni. E dopo averlo restituito, con la bava alla bocca e l’occhio insanguinato, vado a casa dei miei chiedo di PASSARMI IMMEDIATAMENTE TUTTA LA  BIBLIOGRAFIA DI LICALZI CHE HANNO IN CASA.

Nei giorni successivi leggo “IO NO”, “COSA TI ASPETTI DA ME?”, “IL PRIVILEGIO DI ESSERE UN GURU“…e via così…fino a scoprire che in famiglia ci mancano “7 Uomini d’Oro” e “La vita che volevo” e cazzo se non li trovo in qualche libreria faccio una strage.

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Tutto questo per dire che Licalzi è meglio del ben più noto Nick? Per iniziare un’apologia su quanto siamo esterofili e le cose belle ce le abbiamo in casa? Assolutamente no. Anche perché i personaggi di Lorenzo Licalzi differiscono nei vari romanzi per età, abitudini e temperamento. Niente trittico calcio/donne/musica, o comunque se presente, non sempre con lo stesso stile narrativo con lo stesso valore sociale.

Insomma tutta questa lunghissima premessa per lodare le opere del mio NUOVO  e DEFINITIVO Cantore della realtà semplice e quotidiana, Lorenzo Licalzi.   La scrittura è semplice, scorrevole, ma decisamente brillante e ottima per ogni momento della giornata. Tutti i personaggi i mi hanno fatto ridere sguaiatamente, ci sono alcune pagine nei romanzi che sono dei manuali di comicità. Non mancano  neanche dei momenti commoventi e riflessivi nel corso della lettura, si resta decisamente spiazzati da questi cambiamenti emotivi.

Ma il punto decisivo, il passo ulteriore nella mia ricerca che ho provato come Lettore e che mi ha fatto innamorare di questi romanzi è la presenza della SPERANZA. Anche quando tutto sembra andare in merda, esiste sempre una nuova via inaspettata che può donarci quella tanto agognata serenità a cui tutti vogliamo ambire. E i personaggi di Licalzi siamo NOI, uomini e donne comuni, alla ricerca di un senso, costellati da disgrazie continue ed innamorati dei momenti belli della nostra esistenza.

Attenzione, non si parla di libri con l’happy ending preconfezionato, anzi non sempre lo troviamo. Ma anche qui non fatevi ingannare: l’idealismo lasciatelo ad altri romanzieri. Per carità, nelle vicende dei personaggi di Licalzi non c’è spazio per i rimpianti perché la Vita scorre e la Speranza gioca a nascondersi tra i meandri tragicomici della nostra esistenza. Non è ottimismo e non pessimismo, la Vita è totalità: accettarlo, potrebbe essere la soluzione…o forse no?

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In conclusione,Licalzi mi ha fatto ritrovare quel gusto per la narrativa  che ultimamente trovavo solo nei fumetti; è da tanto che non provavo quello stranissimo dispiacere di “lasciare” dei personaggi perché ero arrivato alla fine del libro.Al momento ho recuperato i due romanzi da leggere di Licalzi che mancavano all’appello e attendo le vacanze di Natale per gustarmeli. Poi magari si,in memoria dei vecchi tempi, potrei leggere “Funny Girl”.

maurino